Studio Claudio Scazzocchio

Acustica Ambientale

Da allora si sono fatti molti passi avanti nella conoscenza dei danni da rumore!

La differenza che intercorre tra quello che definiamo “suono” e quello che definiamo “rumore” è soggettiva, ma alcune componenti oggettive possiamo definirle:

Suono – si contraddistingue dalla regolarità e dall’armonia delle oscillazioni che provoca sensazioni gradevoli.

Rumore – si contraddistingue, normalmente, dalla irregolarità, intermittenza e casualità delle sue oscillazioni e provoca una sensazione sgradevole.

In fisica è però difficile distinguere tra “suono” e “rumore” in quanto tutti e due sono “un fenomeno periodico prodotto dall’apporto di energia meccanica che fa entrare in vibrazione un mezzo”, solitamente, ma non necessariamente, l’aria, “caratterizzato da una determinata frequenza di oscillazione.”

Possiamo classificarli nel seguente modo:

Fastidio – Quando un rumore è solo male accettato.

Disturbo – Quando è tale da provocare alterazioni temporanee delle condizioni psicofisiche.

Danno – Quando l’alterazione è irreversibile.

I fattori di cui si deve tener conto per poter valutare il disturbo o danno da rumore sono classificabili in:

1) Caratteristiche della sorgente di rumore: livello di pressione, spettro di frequenza, durata.

2) Caratteristiche ambientali: riverberazioni, diffusione, fattori metereologici:

3) Caratteristiche psicofisiche dei soggetti disturbati: sensibilità individuale, motivazioni, ecc.

4) Circostanze accessorie: tipo di lavoro, falso adattamento al rumore, condizioni di affaticamento.

Si tenga conto che il livello di rischio (almeno fino ai 130-140 dB/A valori per i quali il rischio di danno permanente al timpano è elevato anche per brevissimi tempi di esposizione) è direttamente proporzionale al numero di ore di esposizione ai diversi livelli di rumore nell’arco delle 24 ore

Esemplificando: una persona esposta ad una sorgente sonora di 75 dB/A, per otto ore lavorative non subisce danni, ma se l’esposizione è di 80 dB/A il tempo di esposizione si deve dimezzare per avere lo stesso livello giornaliero di esposizione.

Un rumore può disturbare già a:

40 dB/A di giorno

30 dB/A di notte

Il livello di pericolosità comincia oltre ai 75 dB/A

come detto sopra la soglia dei 130 dB/A il rischio comporta rottura del Timpano o Sordità.

ApparatoSintomiEvoluzioneSoglia in dB(A)
UditivoFischi e ronzii persistentiSordità80
Cardio-vascolareAccelerazione ritmo cardiaco
Aumento pressione arteriosa
Arterio sclerosi75
CerebraleDisadattamentoTurbe psichiche95
DigerenteDisturbi digestivi
Bruciori di stomaco
Gastrite
Ulcera
95
Dell’equilibrioVertigine e nauseaPerdita dell’equilibrio110
RespiratorioTachipnea 95
Visivo  75

Principali effetti sull’organismo del rumore

Il danno auditivo può essere quantificato per mezzo di esami audiometrici, è irreversibile ma non si evolve se si interrompe l’esposizione al rumore.

La normativa di riferimento

Il quadro normativo Italiano definisce legalmente il rumore come:

“tale da provocare fastidio o disturbo al riposo ed alle attività umane”

pericolo per la salute umana

deterioramento degli ecosistemi

dei beni materiali, dei monumenti, dell’ambiente abitativo o dell’ambiente esterno o tale da interferire con le legittime fruizioni degli ambiente stessi”.

Questa la definizione di inquinamento acustico contenuta nella “legge-quadro” 26 ottobre 1995, n. 447 che per prima ha disciplinato in modo organico la materia.

Uno studio dell’organizzazione mondiale della sanità ha indicato che

il 45% della popolazione urbana convive con valori di dB/ALeq diurno (dalle 06.00 alle 22.00)

compresi tra i 70 e i 75 dB/ALeq

e con valori di dB/ALeq notturno (22.00 – 06.00)

compresi tra i 65 e i 70 dB/A.

L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha fissato come valore limite, superato il quale l’organismo umano subisce danno, il valore di 65 dB

Il 72% dei residenti in ambiente urbano è esposto a livelli di rumorosità ampiamente superiori ai limiti di accettabilità definiti in ambito comunitario e fissati dalla normativa vigente in Italia (65 dB/A leq diurni e 55 dB/A notturni per zone ad intensa attività umana).

Le principali fonti di inquinamento acustico nelle aree urbane sono, elencate in ordine decrescente di entità del contributo:

il traffico stradale;

il traffico ferroviario;

il traffico aereo (in centri urbani situati in prossimità degli aeroporti);

la presenza di locali di divertimento notturni;

la presenza di attività produttive o di impianti (condizionamento, aerazione)adiacenti alle residenze.

In città, complessivamente, le principali sorgenti di emissioni sonore sono di natura mobile.

Si ritiene che il 20% circa della popolazione della Unione europea sia esposta,in ambiente esterno, a rumori diurni continuati superiori ai 65 dB(A), dovuti principalmente al traffico. Otre il 40% degli individui è esposta a livelli di rumore compresi fra 55 e 65 dB(A), considerato quale valore di attenzione per cui si possono
manifestare seri disturbi nel periodo diurno.